Capa do livro A História de Roma de Dión Cassio

A História de Roma

Dión Cassio

Tra gli storici di Roma Velleio Patercolo non è tra quelli che hanno riscosso il maggior credito presso la storiografia moderna. Egli, anzi, è stato spesso tacciato di opportunismo politico e di adulazione. Soprattutto la sua adesione convinta al Principato e il ruolo che buona parte del ceto italico emergente in età augusteo-tiberiana andava progressivamente assumendo, con funzioni di supplenza nei confronti dell’ordo precedente rappresentato per lo più dalla nobilitas romana, fanno di Velleio un protagonista degli inizi del Principato, visto con occhi sicuramente benevoli ma anche acuti e prudenti nel cogliere la nuova realtà politica. Già Cicerone nel de officiis, come emerge attraverso una interpretazione politica dell’opera, vedeva nel ceto italico un nuovo protagonista della politica romana, e Orazio, a suo tempo, aveva intravisto, nelle Odi c.d. civili, che l’esito delle guerre civili apriva nuove prospettive alle popolazioni italiche eredi della grandezza di Roma. Tutto questo si riverbera sull’opera di Velleio, anch’egli di origine italica; attraverso di essa egli esprime la soddisfazione per l’elevato grado militare raggiunto. Inoltre, il disegno dell’opera storica di ampio respiro, con la comprensibile maggior attenzione ai tempi nei quali viveva, ed una solida cultura di fondo che traspare dalla Historia Romana ad M. Vinicium, offrono un quadro ordinato e ricco di notizie dal quale non si può prescindere, e del quale da tempo si sono riconosciuti l’impegno e il solido impianto storico, pur senza rigettare la tesi che lo vuole, almeno in parte, entusiasticamente favorevole al Principato e a Tiberio in particolare. Velleio dedicò la sua Historia nell’anno 30, quando rivestì il consolato il destinatario dell’opera, M. Vinicio. Negli anni precedenti, precisamente nel 19 d.C., era accaduto un episodio di particolare gravità e drammaticità: la morte di Germanico, alla quale fece seguito il processo a Gn. Pisone padre considerato responsabile insieme con la moglie Plancina della morte del giovane principe, che infatti sarebbe morto avvelenato (ma senza che ciò fosse accertato). L’episodio è narrato con dovizia di particolari in un ampio squarcio dei libri II e III degli Annali di Tacito, e in misura variabile assai meno diffusamente da Cassio Dione, Giuseppe Flavio e Svetonio; Velleio tace sull’intera vicenda. È lecito dubitare che quel silenzio non fosse intenzionale e forse la ragione principale di esso sta nel fatto che l’opera di Velleio, celebrativa del nuovo regime e perciò molto prudente sotto il profilo diplomatico, venne dedicata al suo illustre amico M. Vinicio marito di una figlia di Germanico, Giulia. Ancora non era stata scoperta la congiura che avrebbe dovuto portare Seiano al potere, e la casata di Germanico sembrava tornata a correre per la successione all’impero. L’anno 30 sembra il più ‘indovinato’ e il meno compromettente per la dedica dell’opera. Così la posizione di Velleio, letta come espressione della sua adulazione o più benevolmente di propaganda politica, poteva essere invece una testimonianza di lealismo, lasciando dire più alla dedica che al contenuto. Il presente lavoro, del quale sono stati presentati succintamente alcuni punti salienti del periodo storico nel quale visse Velleio, rappresenta un ‘assaggio’ delle molte problematiche storiche ancora aperte. Con la realizzazione di questo volume si è voluto offrire una riflessione, condotta sotto diversi punti di vista, che Studiosi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Sede di Brescia, di diversa estrazione e competenza, hanno elaborato insieme, motivati dal comune interesse per la figura dello Storico, al quale auguriamo per il futuro miglior fortuna.